PARROCCHIA

SANTA MARIA LACRIMOSA DEGLI ALEMANNI

Storia

altare1La parrocchia di Santa Maria degli Alemanni si estende fuori Porta Maggiore verso est, lungo la via Emilia; fu per secoli

l’ultima parrocchia prima del torrente Savena, a marcare fuori delle mura del Trecento il confine della città di Bologna in direzione del mare. Finchè non fu terminato il porticato che veniva a congiungere il Santuario mariano della pianura con quello alto sul colle della Guardia, questo polo di spiritualità restò un po’ isolato nella campagna dell’immediata periferia, mentre nelle vicinanze sorgeva anche il ricovero per gli ammalati poveri, nella zona dove oggi si trova il polo della sanità universitaria bolognese, il Policlinico S.Orsola e l’Ospedale Malpighi. Ciò ci riporta ai giorni nostri e alla più recente attività assistenziale della parrocchia che i bolognesi, dimentichi della Madonna, chiamano degli “Alemanni”. Negli ospedali citati specialmente, oltre che all’Istituto Ortopedico Rizzoli, sono normalmente ricoverati, per cure spesso non fruibili altrove, centinaia di ammalati provenienti dalle più lontane regioni italiane, quando non dall’estero. E molti di costoro, o per necessità o per affettuosa vicinanza, giungono a Bologna con i parenti, più spesso il coniuge, un figliolo, un genitore, talvolta, nell’occasione di cure di lunga durata o di operazioni di particolare gravità, anche con tutti i parenti più vicini. E’ evidente che, provenendo per la maggior parte dalle regioni meno ricche del nostro paese e del bacino del Mediterraneo (Albania, Croazia, Libano, Marocco,..), questi ospiti temporanei e involontari di Bologna sentono particolarmente la distanza tra i prezzi, tra i più alti d’Europa, del capoluogo emiliano e quelli dei paesi e delle città d’origine; non solo quelli dei generi alimentari di prima necessità, in particolare degli alimentari, quanto quelli degli alloggi, in specie degli alberghi anche modesti. Se a questo si aggiunge il costo non piccolo di lunghi viaggi, talvolta effettuati in condizioni di urgenza o di comodità superiori alle possibilità economiche dei più, non farà meraviglia imparare che spesso, nei viali presso la chiesa parrocchiale e vicini agli ospedali, si vedevano persone e addirittura intere famiglie dormire nelle automobili. Ciò avveniva fin dall’inizio degli anni Ottanta, quando il divario fra l’offerta sanitaria di alcune regioni italiane e quella bolognese cominciava a divenire drammatico, e la richiesta di prestazioni, che dovrebbero essere di pari livello in tutto il paese, estremamente estesa, aumentata altresì dalla presenza nelle nostre strutture sanitarie di numerosi illustri clinici e chirurghi provenienti da quelle lontane regioni, e diventati famosi qui.


Proprio in quegli anni la Parrocchia di Santa Maria Lacrimosa degli Alemanni andava esaurendo una bella esperienza di accoglienza di bambini in affido, per mancanza delle persone adatte per portare avanti un’attività di tale delicatezza. Restando libero così un ampio appartamento sopra il porticato, bastò guardarsi attorno per decidere a quale scopo destinarlo; e continuò a chiamarsi Casa S. Francesco.


In ampie stanze si attrezzarono dei letti, si comprarono o si accettarono in benefica donazione biancheria da letto e da cucina, vasellame, tegami, piccoli elettrodomestici e suppellettili varie da casa, e nel frattempo (mentre inizialmente una persona viveva con gli ospiti anche nelle ore notturne) un fitto passa- parola cercò e organizzò disponibilità di tempo per coprire tutti i momenti in cui, nella giornata, gli ospiti potevano avere bisogno di un volontario: la mattina e la sera, principalmente, per rispondere al telefono che cominciava a squillare con sempre maggior frequenza dalle provenienze più disparate, o per raccogliere i dolorosi sfoghi di tanti e le espressioni di sollievo degli ospiti, o per dare assistenza sociale o anche soltanto toponomastica, o ancora, più futilmente, per scambiarsi ricette e usanze, per confrontare dialetti e idiomi diversi, per giocare a carte, fare una tombola, bere un bicchiere di spumante e mangiare un dolce fatto in casa, festeggiare una partenza o il Ferragosto passato in una città sconosciuta con l'angoscia nel cuore. E così, in pochi mesi, i venti letti furono stabilmente occupati. Venne la primavera del 1988, e il card. Biffi in visita pastorale. Visitò naturalmente Casa S. Francesco, ne riconobbe la bontà degli scopi, esortò la parrocchia a utilizzare tutti gli spazi disponibili per estendere l'attività. C'era la vecchia canonica, labente e pericolante nelle strutture interne, con l'ulteriore “aggravante” della storicità dei muri esterni: dal progetto, alla mobilitazione, parrocchiale ma non soltanto, per la ricerca dei fondi, alla esecuzione dei lavori con il nullaosta della Soprintendenza ai Beni Culturali, passarono più di quattro anni per giungere all'autunno del 1992, alla inaugurazione di Casa S. Clelia, così chiamata in onore della recente santa bolognese. Fu bello vedere affiancati nel taglio del nastro l'Arcivescovo e il Sindaco Imbeni, che pure aveva propiziato l'opera fin dagli inizi progettuali. Adesso sono quaranta i letti che ogni notte (Natale, Pasqua e Ferragosto compresi) sono occupati da mamme e papà, fratelli e sorelle, figli e nuore di ammalati siciliani, sardi, calabresi, pugliesi, campani, ma anche toscani, friulani, marchigiani, talvolta anche a lungo (il record? Nove mesi!!!). Diventano sempre più diffusi soggiorni prolungati dopo trapianti che richiedono una lunga permanenza post-operatoria nei pressi del centro di cura per controlli giornalieri in Day-Hospital; a questo scopo si è attrezzato un mini- appartamento, ma sono utilizzate anche le stanze con bagno della più recente struttura, dotata anche di ascensore. Sono, naturalmente, cresciuti di numero e di responsabilità i volontari (anzi, come è più giusto per rispettare le proporzioni, le volontarie): ormai per quasi tutto l'anno tutti i turni giornalieri e settimanali, anche quelli serali e festivi, sono coperti, spesso da più persone. Ed è un bel frutto di emulazione nella carità la nascita di iniziative consimili in altre parrocchie di Bologna nello stesso periodo o immediatamente dopo. Finchè l'offerta sanitaria non sarà di ugual livello in tutta Italia, i quaranta posti letto restano a disposizione di chi è reso dalla malattia e dalla povertà insieme ancora più debole, di chi vuole invece dell'albergo un ambiante familiare, di chi desidera trovare volti amici che, nel nome di Cristo sofferente, si carichino un po' della tristezza di alcuni o di tanti giorni difficili. 

 

L’Ordine Teutonico nella nostra Parrocchia

(ovvero perché ci chiamiamo “S. Maria Lacrimosa degli Alemanni”)

 

Nella “Historia di Bologna” di Cherubino Ghirardacci, si racconta come nel 1221 “fu consacrato un Oratorio di Sancta Maria de gli Alamani fuori della Porta Rauennata, edificato dagli Alamani, acciochè fosse albergo a i loro peregrini che, andauano a Roma p visitare i luoghi sati”.

L’albergo per i pellegrini al quale si fa riferimento in questa nota era quello costruito dall’Ordine Teutonico, ordine cavalleresco, di origine germanica, da cui il nome di “Alemanni”, che ancora individua la nostra Parrocchia.

Ma chi erano i Cavalieri Teutonici e cosa rappresenta oggi tale Ordine?

L’Ordine Teutonico (nella titolazione canonica Ordo Fratrum Domus Hospitalis Sanctae Mariae Teutonicorum in Jerusalem) era un ordine monastico militare, nato durante la Terza Crociata (1191), quella indetta e guidata dall’Imperatore Federico Barbarossa, che vi morì, e da Riccardo Cuor di Leone.

La prima e più cruenta delle battaglie fu combattuta attorno alla città e porto di Acri dove, in quel momento, erano giunti anche dei mercanti tedeschi da Brema e Lubecca, che, vista la tragica condizione e l’immenso numero dei feriti, con il pragmatismo che contraddistingue le genti germaniche, arenarono le loro navi sulla spiaggia e, smontate le vele, costruirono con esse delle tende per un rudimentale ospedale da campo. Dopo questo episodio si costituì un Ordine cavalleresco per l’assistenza ai pellegrini e agli infermi ad imitazione degli altri già esistenti quali l’Ordine Templare (poi soppresso) e l’Ordine Ospitaliero di San Giovanni (oggi Ordine di Malta).

Fino alla sconfitta di San Giovanni d’Acri (1291) e la conseguente fine del Regno Latino di Gerusalemme, i Cavalieri Teutonici operarono prevalentemente in Terra Santa ed in Medio Oriente sia in ambito militare che in quello ospedaliero.

Successivamente la loro attività di evangelizzazione e civilizzazione si spostò sulla costa baltica e verso l’Europa orientale – danubiana, in accordo con l’Imperatore Federico II di Svevia, che voleva difendere i confini settentrionali dell’Impero da popolazioni barbare ancora pagane.

Proprio nella nostra regione avvenne allora un importante avvenimento per l’Ordine: nel 1226 a Rimini l’Imperatore Federico II gli concesse, con la cosiddetta Bolla d’Oro, la sovranità sui territori che avrebbe conquistato ed evangelizzato. Nel momento della sua massima espansione, l’Ordine era sovrano di un vasto territorio che andava dalla Prussia all’Estonia.

Nel 1525 Alberto di Hohenzollern (37° Gran Maestro) aderì alla Riforma Luterana, secolarizzando i possedimenti teutonici che andarono a costituire il Ducato di Prussia (che poi diventerà Regno di Prussia, nucleo fondante dell’attuale Germania) e diventandone il primo duca.

I cavalieri rimasti cattolici si rifugiarono in Baviera sotto la protezione della dinastia degli Asburgo e diventando un Ordine cavalleresco nobiliare.

L’Ordine però non aveva perso vitalità e fino al Periodo Napoleonico i cavalieri presenti nei diversi stati che professavano ciascuno un diverso credo cristiano: cattolico, luterano o riformato (Calvino o Zwingli), continuarono a voler professare comunque obbedienza all’unico Gran Maestro che, risiedendo in Baviera, era cattolico (ecumenismo ante litteram).

Dopo il Periodo Napoleonico, che aveva portato alla soppressione dell’Ordine nei paesi conquistati dalla Francia, l’Ordine fu riformato in senso ecclesiastico istituendo accanto ai nobili cavalieri laici un ramo di sacerdoti ed uno di suore di carità, sempre sotto la guida di un Gran Maestro che era un Arciduca della famiglia Asburgo.

Proprio per la presenza di un consistente gruppo di sacerdoti e suore, nel 1929, dopo la caduta dell’Impero Austro-Ungarico e l’esilio degli Asburgo, per preservarlo, la Santa Sede lo trasformò in un Ordine di canonici regolari secondo la Regola di Sant’Agostino, avente per scopo la cura d’anime e le opere di carità verso gli infermi, gli emarginati ed i poveri, guidato da un Gran Maestro con la dignità di Abate mitrato e residenza a Vienna.

L’Ordine oggi è quindi costituito da un ramo di canonici che sono sacerdoti, un ramo di suore di carità ed un ramo di laici, di entrambi i sessi, (al quale possono aggregarsi anche sacerdoti secolari) che collaborano alle attività dell’Ordine e che sono detti “familiari” (o “Marianer”)

L’Ordine è poi diviso in Baliati e Commende.

Il Baliato “Ad Tiberim”, con sede a Roma, al quale fa riferimento il nostro territorio, in ragione della appartenenza di alcuni parrocchiani all’Istituto, ha costituito una propria Delegazione presso la nostra Parrocchia; possiamo pertanto dire che dopo 800 anni i Teutonici sono tornati agli Alemanni!

Per informazioni sull’Ordine Teutonico: http://www.deutscher-orden.at

Per informazioni sul Baliato Ad Tiberim: http://www.ordineteutonicoitalia.org/baliato-ad-tiberim

Per informazioni sulla attività dei “Familiari O.T.” in Parrocchia: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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